L’EVOLUZIONE DELLO STUDIO LEGALE TRA DEONTOLOGIA E PERFORMANCE. Dino Crivellari anticipa il CVDAY.
La relazione tra deontologia e performance si può guardare da almeno due punti di vista a seconda che ci si riferisca alla “performance dello studio “o “alla performance del cliente”.
Entrambe le prospettive sono connesse alle profonde trasformazioni che la professione legale ha vissuto in questi ultimi due decenni.
1) Se ci riferiamo all’attività legale tout court , cioè a quella ormai più diffusa della tutela dei creditori o dei debitori, appare evidente come il rispetto dei principi deontologici sia messo a dura prova quando si tratta di tutelare la “performance economica dello studio”.
Mentre una volta la difesa vittoriosa era la vera cifra su cui la performance dello studio si misurava perché la remuneratività dell’impegno era assicurata da tariffe compatibili e dignitose e da livelli meno esasperati di concorrenzialità tra studi, oggi, a tariffe così contenute e degradate, la tentazione del legale di puntare sui volumi di lavoro , che necessariamente deprimono l’ attenzione al successo giudiziario ed alla qualità della prestazione , è divenuta molto forte.
Questo comporta il rischio che alcuni principi deontologici , come il divieto di accaparramento della clientela , non continuino più’ ad avere quella forza deterrente che indirizzava correttamente l’attività del legale nei confronti del mercato potenziale dei clienti.
E’ pur vero che la pattuizione dei compensi è ormai libera , ma accettare o proporre compensi non dignitosi può apparire lesivo del codice deontologico sotto il profilo dell’articolo 9, anche con riferimento alla corretta e leale concorrenza.
Pur tuttavia , la tentazione di preservare la performance economica dello studio avendo come obiettivo i volumi di lavoro è un forte motivatore per sfruttare la libertà di onorario a questo fine.
2) diversa, ma non meno allarmante, appare la forza distorsiva quando si mette al centro dell’azione dell’avvocato la performance del cliente.
Anche qui i tempi sono cambiati. Una volta il legale veniva officiato dal creditore (ad es. una banca) per tutelarne diritti e interessi.
L’impegno professionale era svolgere le attività necessarie per realizzare il credito impagato vincendo cause e operando opportunamente in sede esecutiva o concorsuale.
La performance del cliente era fortemente connessa alla vittoria giudiziaria perché l’ufficio che officiava il legale era un “centro di costo “ in quanto i ricavi la banca li otteneva con la sua attività caratteristica (che non era quella di recuperare il credito , ma di erogarlo).
Oggi i legali vengono officiati prevalentemente da servicer, società di recupero eccetera, cioè da “centri di ricavi” e l’attività di recupero non è più eminentemente difensiva dei diritti del creditore, ma semmai produttiva di valore economico per quest’ultimo.
Ecco allora che i comportamenti degli studi si sono dovuti adeguare alle caratteristiche del modello di business di questo nuovo e diverso cliente il cui conto economico è strutturato proprio su “ricavi da recuperi” ( fees , plusvalenze eccetera ) e “costi di recupero “ ( spese legali , provvigioni per attività stragiudiziali eccetera).
Questa mutazione soggettiva dell’ officiante ha indotto gli studi a farsi carico in qualche modo delle sue specificità economiche (ad esempio privilegiando lo stragiudiziale sul giudiziale ) , ma anche a svolgere attività “non proprie” ( data entry, data remediation, due diligente eccetera ) che attengono più a contratti di appalto di servizi piuttosto che a veri e propri incarichi professionali Incentrati sul ruolo prettamente da giureconsulto , come era una volta.
Non appaiono evidenti i contrasti con norme deontologiche specifiche (forse approfondendo l’argomento potrebbero anche emergere), ma la trasformazione è invece palese se si pensa che si viene così modificando ,per esempio , la struttura operativa dello studio.
Certamente , ne risulta mortificato il criterio di scelta del legale basato sull’ intuitu personae, a vantaggio della performance organizzativa dello Studio in quanto “azienda”.
Dove prima si allevavano praticanti per prepararli al processo o alla disamina degli aspetti giuridici della pratica affidata dal cliente, oggi si rendono necessari collaboratori capaci di attività di data entry su applicativi informatici sempre più Invasivi e diffusi , la cui conoscenza può fare la differenza tra ricevere o meno incarichi.
Insomma la competenza professionale non è il primo elemento che viene valutato dal potenziale cliente. Spesso la prima cosa che si va a guardare nella presentazione dello studio candidatosi è se c’è o meno competenza ed esperienza sulle piattaforme informatiche del cliente, se c’è trackrecord nelle due diligence legali o in quelle valutative eccetera.
Tutte attività per le quali certamente la conoscenza del diritto è essenziale, ma un avvocato di talento ed esperienza giudiziaria non sarà mai preferito se non può anche , o prima ancora , assicurare che il suo studio saprà colloquiare con il sistema informatico del cliente .
Il mondo è cambiato e cambierà ancora e più velocemente di quanto accaduto finora.
La professione dovrà adeguarsi con altrettanta velocità .
I dettami deontologici non se ne avvantaggeranno.
Avv. Dino Crivellari, Socio Fondatore STUDIO CRIVELLARI & PARTNERS LEGAL ADVISORS, MLS.
Il 13° CVDAY Il Credit Village ed. 2019 si svolgerà il 20 novembre 2019 a Milano. Info