DIRITTO BANCARIO E FINANZIARIO. COMMENTO ALLA SENTENZA : Cassazione Civile, Sez I, 31 luglio 2017 n. 19013
DIRITTO BANCARIO E FINANZIARIO. COMMENTO ALLA SENTENZA : Cassazione Civile, Sez I, 31 luglio 2017 n. 19013 – Pres. Dolgliotti, Rel. Dolmetta –
Nullità del contratto SWAP, privo del requisito della copertura della garanzia del rischio.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 19013/2017 ha deciso, che per verificare la meritevolezza degli interessi perseguiti con un contratto derivato IRS, il giudice deve sempre attenersi alle prescrizioni normative, inderogabili, di cui all’art. 21 TUF e all’art. 26 Regolamento Consob n. 11522; nonché, per i contratti IRS con funzione di copertura, deve verificare l’effettivo rispetto delle condizioni stabilite dalla Consob, con la Determinazione del 26 febbraio 1999.
La vicenda in esame riguarda, un ipotesi di nullità di contratti derivati per violazione degli obblighi di informazione e trasparenza, da parte dell’istituto bancario e per l’asimmetria, riscontrata tra la funzione proposta dall’intermediario e quella effettivamente applicata all’investimento.
Con sentenza n. 19013 del 31 luglio 2017, la Suprema Corte ha affrontato la questione della meritevolezza dei contratti derivati IRS (Interest Rate Swap) e della manchevolezza, della “effettiva” funzione di copertura.
Il caso:
Le due società ricorrenti, propongono ricorso per Cassazione nei confronti della Banca, articolando quattro motivi, avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Milano, 29 ottobre 2012 n. 3454, per la conferma della pronuncia emessa nel primo grado di giudizio, dal Tribunale di Lecco e depositata in data 21 ottobre 2008, n. 746.
Con tale decisione, la Corte territoriale, ha rigettato le richieste in appello, formulate dalle società, in relazione ad alcuni contratti derivati IRS, distintamente stipulati con la banca.
La Corte milanese, ritenuto che le due società rientrassero nel novero degli «operatori qualificati», ha respinto le domande di nullità proposte in riferimento ai detti contratti, come anche quelle subordinate di accertamento degli inadempimenti e violazioni di legge imputati alla Banca, con connessa richiesta di risoluzione dei contratti medesimi e con condanna di quella al risarcimento dei danni derivati.
Nei confronti del ricorso presentato dalle Srl ricorrenti, ha resistito l’istituto di credito, che ha depositato apposito
controricorso.
Risulta utile effettuare una breve considerazioni sui derivati IRS negoziati Over-the-counter (OTC). Il contenuto e gli aspetti fondamentali di questi contratti, a differenza, di quanto avviene per i contratti standard, è che, questi vengono definiti, di volta in volta dall’intermediario, che è sia consulente e sia, al contempo, controparte diretta del cliente.
Ne deriva che, nella contrattazione OTC, l’intermediario sarà tenuto a fornire, un servizio di consulenza finalizzato alla stipulazione di un contratto che avrà la duplice natura di servizio di investimento e di strumento finanziario. Cosicché ad esso si applicherà la disciplina sui servizi di investimento e le regole del T.U.F. relative agli strumenti finanziari.
Va da se che l’intermediario, deve comportarsi secondo le regole della buona fede e nel rispetto del dovere di trasparenza, informazione, trasparenza e informazione, stante la necessaria diligenza professionale a cui attenersi, come parametro costante.
“In tema di intermediazione finanziaria, al cliente deve essere fornita un’informazione specifica e circostanziata sul prodotto finanziario oggetto della negoziazione non essendo sufficienti, a tal fine, né la consegna del prospetto generale dei rischi degli investimenti in strumenti finanziari, previsto dall’art. 28, 1 co., lett. b) reg. Consob n. 11522/1998, né altre comunicazioni di tipo generico e standardizzato” ( sentenza Cassazione Sez. I, n. 9066, del 07.04.17).
La Consob, intervenuta sulla questione con la Comunicazione n. 9019104 del 2 marzo 2009 ha precisato che «con riferimento ai derivati negoziati OTC, l’assistenza fornita alla clientela nella fase di strutturazione di queste operazioni, create (o quantomeno presentate come) su misura per il cliente, pur in una logica di standardizzazione, presuppone intrinsecamente che il prodotto sia presentato come adatto alla clientela e rende, imprescindibile l’applicazione del regime di adeguatezza previsto in caso di svolgimento del servizio di consulenza in materia di investimenti».
Il ricorso avverso il rigetto dei giudici di merito, è articolato su quattro motivi fondamentali in specie:
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 co 3 cpc
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 D.Lgs. n.58/98
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 D.Lgs. 58/98 e degli artt. 1322 e 1418 cc
- Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 D.Lgs 58/98 e dell’art.1337 cc
In riferimento, al primo punto, gli ermellini hanno respinto le doglianze, ritenendo giusto quanto statuito dalla la Corte territoriale, considerato che la documentazione, era stata depositata dai ricorrenti ex novo, in appello e non era stata data idonea giustificazione all’istanza di ammissione della stessa.
Da segnalare invece, i motivi 2 e 3, che sono stati accolti dalla Suprema Corte, poiché funzionali al requisito di meritevolezza ex art. 1322 co. 2 c.c., e quindi l’istituto bancario non poteva essere oggetto di esclusione dei requisiti de quo, anche in presenza di rilascio ex ante di dichiarazioni quali “operatori qualificati”.
Nel caso di specie, i giudici della Suprema Corte hanno, dunque accolto il secondo ed il terzo motivo di ricorso, collegati rispettivamente tra loro e relativi a “la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 58 del 1998 e degli articoli 1322 e 1418 c.c.” e “ la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 58 del 1998”.
Nello specifico, per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, i giudici del secondo grado, hanno escluso l’applicazione dell’art. 21 TUF − e conseguenti disposizioni di cui al regolamento Consob n. 11522/1998, all’istituto di credito − in quanto hanno ritenuto che entrambe le parti, banca e clienti-investitori, rientravano nel novero degli “operatori qualificati”.
In argomento, risulta opportuno un breve approfondimento normativo.
Per i contratti di swap e di finanza derivata, risulta indispensabile la dichiarazione di professionalità; trattasi del requisito soggettivo essenziale, per la negoziazione in strumenti finanziari derivati in deroga alle disposizioni di cui agli articoli 27, 28, 29, 30, comma 1, del Reg. 11522/1998 e 31 TUF. Ne consegue che, l’assenza della dichiarazione di professionalità, comporta l’inosservanza delle norme di condotta di cui del Reg. 11522/1999, nonché la violazione dell’art. 21 e 31 TUF e l’inadempimento contrattuale da parte dell’intermediario, con conseguente responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, nei confronti del cliente-investitore, che sarà legittimato ad agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni, derivanti dai prodotti finanziari.
Sul punto, la disciplina normativa da cui attingere, si rintraccia nella norma che dal 1991 (con l’art. 13, reg. Consob 5387) al novembre 2007 (con l’art. 31,reg. Consob n. 11522/98) ha regolamentato in Italia la prestazione dei servizi di investimento agli “operatori qualificati“.
- La dottrina ha delineato parametri di riferimento perché la dichiarazione possa essere considerata produttiva di effetti di esonero dall’applicazione degli obblighi di protezione del cliente-investitore , ovvero:
- a) È necessario che la società, anche persona giuridica, siano dotate di un organizzazione e di risorse umane, preposte al settore finanziario, in mancanza la competenza in materia dovrà ritenersi come non professionale, vale a dire occasionale;
- b) Il contraente (debole) deve aver maturato con continuità e costanza temporale una competenza ed esperienza tali da aver la necessaria conoscenza dell’andamento del mercato e dei prodotti finanziari.
Dagli elementi citati si ricava che l’autocertificazione, perché sia valida, deve essere supportata da una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, specifica competenza che assume il ruolo di pre-requisito della stessa dichiarazione.
L’obbligo di informazione si ricava, oltre che dall’art. 21 c. 1 lett. A) TUF, anche dall’art. 28 Reg CONSOB 11522/1998 in virtù del quale gli intermediari devono fornire all’investitore, prima di ogni operazione, informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione in atto, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento.
Gli ermellini evidenziano l’erroneità della decisione sul punto, della Corte territoriale, rilevando il carattere imperativo ed inderogabile dell’art. 21 TUF (da ultimo Cass., 23 maggio 2016, n. 10640) ed anche, l’assoluta estraneità dell’art. 26 Reg. Consob n. 11522/1998, alla sottrazione di disciplina che la disposizione dell’art. 31, comma 1, dello stesso regolamento, determina in relazione alla categoria degli “operatori qualificati”. Appunto per questo ne deriva che, nella fattispecie in esame, sono sicuramente applicabili l’art. 21 TUF e l’art. 26 delle norme regolamentari.
Nelle fattispecie simili a quella oggetto della sentenza in commento, se le parti intenderanno negoziare, una serie di contratti per ottenere una oggettiva funzione di copertura, le operazioni effettuate dovranno rispettare determinate caratteristiche, definite dalla Consob (Determinazione Consob DI/99013791 del 1999), affinché i derivati possano considerarsi rispondenti a tale funzione. Partendo da questo assunto i giudici sottolineano che, secondo quanto emerge dalla sentenza della Corte territoriale, le operazioni IRS intercorse tra le parti «non appaiono perseguire effettivamente una funzione di copertura» non rispettando una delle condizioni indicate nella Determinazione Consob”.
Infine il quarto punto viene assorbito, per motivi di logica giuridica, nei punti precedenti, poiché l’intermediario finanziario doveva assolvere i requisiti ex art. 21 D.Lgs 58/98 corroborato dall’apparato normativo contenuto nell’art. 1322 c.c. ossia, che al momento della stipulazione di un negozio giuridico, soprattutto se aleatorio, le parti devono comportarsi secondo buona fede.
Il rigetto in Corte d’Appello del ricorso presentato, volto alla nullità ex ante dei contratti de quo, la violazione degli obblighi e degli adempimenti ex lege imputati all’ istituto di credito, nonché l’azione risarcitoria, come si è ut sopra argomentato, ha dato possibilità a parte ricorrente, quindi, di impugnare la sentenza della Corte territoriale, mediante il richiamo alla Suprema Corte di Cassazione.
In specie, la Corte, si è principalmente basata su due punti cardini:
- Principio di meritevolezza ex art. 1322 co 2 cc combinato disposto ex art. 1418 c.c. circa la nullità
- Obblighi informativi degli intermediari finanziari alla tutela del consumatore seppur identificati con dichiarazione di “operatori qualificati”.
Ciò detto la libertà di forma che avvolge i contratti atipici aleatori e nel caso di specie i c.d. IRS, ha dato la stura all’ imponente mole di pronunce dei Tribunali di merito e della Suprema Cassazione, al fine di sgombrare il campo da violazioni e a tutelare l’investimento dei consumatori, seppur scevro di una regolamentazione legislativa.
Il 2 comma dell’art. 1322 pone l’accento sulla meritevole tutela dei contratti stipulati per il fine da conseguire, con ciò è palese che al momento della stipula dei contratti derivati, ci sia l’esistenza dell’alea e come tale soggetta a tutela per l’investitore.
Ecco perché la Suprema Corte ha cassato con rinvio, censurando la pigra analisi della Corte territoriale che si affacciava solo sul punto, basandosi sulla dichiarazione di “operatori qualificati” e come tali da non far crollare il contratto stipulato ex ante. Valutazione quella della Corte D’Appello manchevole dei principi cardini ai sensi e per gli effetti dell’art. 1322 c.c.
DI MONICA MANDICO AVVOCATO DEL FORO DI NAPOLI ADERENTE M.L.S.
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