LEASING: DOPO LA SENTENZA STORICA N. 8980 DELLA SUPREMA CORTE, I RICHIAMI ALLA LEGGE 124/17 VANNO CONSOLIDATI
QUESTI I PRINCIPI COME ESPRESSI DALLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE SESTA CIVILE N. 4637 DEL 15 MAGGIO 2019 – GIUDICE DOTT.SSA ADA FAVAROLO
Procedimento patrocinato dallo Studio Legale Filesi
IL CASO
Con citazione parte utilizzatrice del bene, un natante, conveniva il giudizio il lessor, deducendo di avere stipulato con la convenuta un contratto di locazione finanziaria e che la medesima convenuta aveva invocato nel corso del rapporto l’applicazione della clausola risolutiva espressa, allegando l’inadempimento dell’utilizzatore al pagamento dei canoni; quindi invitando quest’ultimo alla restituzione del bene, oltre che al pagamento degli importi sia a titolo di canoni scaduti, sia a titolo di penale. L’attore aveva quindi agito al fine di accertare l’insussistenza della pretesa creditoria, oltre che al fine di accertare il proprio credito nei confronti della società convenuta, in applicazione dell’art. 1526 c.c. Eccepiva inoltre parte attrice la pattuizione di interessi usurari e la applicazione dell’art. 1815 c.c., con particolare riferimento agli interessi di mora ed ai costi connessi con il finanziamento, nonché la nullità delle clausole di indicizzazione, di arrotondamento e dell’opzione floor , con la conseguente illegittimità di alcuni importi addebitati a proprio carico e la conseguente condanna della convenuta alla restituzione degli importi indebitamente ricevuti;
Si costituiva in giudizio la società di leasing, resistendo alle avverse pretese ed osservando che l’utilizzatore aveva invocato la risoluzione del contratto di leasing, quale conseguenza della risoluzione di un diverso contratto stipulato tra il fornitore ed un terzo soggetto; ma a detto ulteriore rapporto, richiamandosi la convenuta del tutto estranea. Contestava inoltre che il bene fosse stato restituito alla concedente, come contrattualmente previsto, evidenziando che l’utilizzatore aveva sostanzialmente abbandonato l’imbarcazione, presso un cantiere. Concludeva pertanto per il rigetto delle domande di parte attrice, formulando altresì riconvenzionale, previa autorizzazione alla chiamata in causa del fideiussore, per la condanna di entrambi al pagamento degli importi dovuti in forza del contratto, dal quale aveva già detratto l’importo ricavato dalla vendita, medio tempore, del bene. Espletata in corso di causa una CTU atta a quantificare il valore di mercato del bene, alla data della risoluzione contrattuale, il Tribunale di Milano ha concluso per il rigetto di tutte le domande della parte attrice riferite alla pretesa usuraria degli interessi applicati al rapporto, accogliendo ma solo parzialmente la domanda ad oggetto la riduzione della penale contrattuale, tenuto conto di quanto emerso nella CTU estimativa, ai sensi dell’art. 1384 c.c.
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IL COMMENTO
Si rimette come di consueto al lettore, la disamina del testo integrale della sentenza; scopo infatti della rivista e scopo di chi scrive, è quello di circoscrivere i temi più rilevanti nella affascinante materia della locazione finanziaria, caso per caso. Bene, un primo passaggio merita il richiamo nella parte motiva della decisione, all’ambito di applicabilità dell’art. 72 quater L.F., del quale il Tribunale oggi in commento esclude la operatività, assumendo che in più occasioni la giurisprudenza di legittimità abbia escluso detta operatività al di fuori dell’ambito delle procedure concorsuali, in più occasioni ed ancora i giudici della Suprema Corte, assumendo la necessità di mantenere ferma la distinzione tra leasing “traslativo” e di “godimento”. Il Tribunale di Milano sul punto richiama Cass. 29 aprile 2015, n. 8687; in senso analogo, Cass. 9 febbraio 2016, n. 2538, nonchè Cass., ord. 7 settembre 2017, n. 20890, Cass. ord. 15 settembre 2017, n. 21476, Cass. ord. 13 settembre 2018, n. 22276, Cass. 13 novembre 2018 n. 29020). La norma della legge fallimentare non risulterebbe cioè applicabile in luogo dell’art. 1526 c.c., giacchè non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (traslativo), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell’utilizzatore, essendo dunque destinata a disciplinare una fattispecie diversa.
In secondo luogo, scrive ancora il Giudice di Milano in sentenza, dovendosi escludere l’applicabilità diretta della legge n. 124\2017 alla fattispecie portata all’esame, trattandosi di normativa di carattere sostanziale e sopravvenuta rispetto alla stipula del contratto ed alla sua risoluzione; alla citata disciplina portata dalla legge 124/2017, non potendosi indi attribuire carattere retroattivo, in assenza di norme di diritto transitorio. Orbene, apparendo evidente nel caso che oggi ci occupa, la circostanza che non sia ancora diffuso all’interno delle aule di merito, quanto disposto dalla sentenza fondamentale n. 8980 del 29 marzo 2019 della Suprema Corte di cassazione, ( già ampiamente commentata su questa stessa rivista), quale nuovo corso post novella. Quanto ed infatti alla tematica degli effetti della risoluzione per inadempimento verificatisi in data anteriore alla nuova disciplina, la Suprema Corte ha considerato due opzioni: 1) applicabilità diretta della nuova disciplina, (che regola in modo specifico la risoluzione negoziale per inadempimento dell’utilizzatore seppure concluso e risolto in data anteriore all’entrata in vigore della novella, in quanto non del tutto esauriti gli effetti derivanti dal fatto generatore ( risoluzione del contratto) ; 2) applicabilità in via analogica della stessa novella e dei suoi principi ispiratori alla fattispecie portata all’esame, in assenza di una disciplina legislativa regolatrice i contratti di leasing pregressi. Il Supremo Collegio prendendo in esame la seconda opzione, fondata sulla generale portata della novella ai fini dell’ interpretazione sistematica, pure in assenza di una diretta applicabilità della stessa. La Corte in buona sostanza, con la sentenza appena citata e recentissima, ha affermato che La nuova normativa ha tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma, distinta dalla vendita con riserva di proprietà, in conformità a tutti i più recenti interventi legislativi in materia ed in particolare alla disciplina prevista dall’alt. 72 quater legge fall.
Il pacchetto e quindi delle sentenze citate dal Tribunale di Milano in punto di conservazione del discrimen tra finanziario di godimento e finanziario traslativo, non ha più ragione di esistere, giacchè totalmente superato dalla sentenza 8980/19, dal quale ha inizio un nuovo corso, stavolta di alta matrice, giacchè proveniente dalla opera di nomofilachia riservata ad essa Suprema Corte. Fortunatamente l’attento lettore avrà modo di verificare che nel caso in commento, il Tribunale di Milano abbia accertato e considerato la portata delle pattuizioni inter partes, giusta le quali esse stesse avevano previsto ab origine l’irripetibilità dei canoni riscossi dal concedente, con patto avente natura di clausola penale ex art. 1526 comma 1 c.c., tale da consentire e quindi allo stesso magistrato, in concorso con la attenta analisi di tutto il regolamento di interessi, di escludere uno squilibrio a favore del concedente ed a svantaggio dell’utilizzatore, laddove la concedente non avrebbe conseguito nulla di più di quanto avrebbe percepito, se il contratto fosse stato regolarmente adempiuto. La clausola in questione prevedeva infatti la liquidazione anticipata del danno attraverso la corresponsione dei canoni a scadere, nonché di un ulteriore importo pari al prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione di acquisto, attualizzati al tasso contrattualmente stabilito, al contempo imponendo di detrarre da tale complessivo importo quanto ricavato dalla vendita del bene. Un modello di clausola penale, afferma indi il Tribunale di Milano in sentenza, conforme alla ratio dell’art. 1526 c.c. e sussumibile nella cornice della clausola penale ammessa dall’art. 1526 c.c., comma 2; ancora detto Tribunale affermando che “nello stesso senso depone oggi, ancora più in generale, la L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, commi 136-139, che disciplinando le locazioni finanziarie, indicate come comprensive dei leasing immobiliari (comma 137), stabilisce analoga disposizione, con specificazioni sulla detrazione, dal ricavato dalla collocazione del bene a valori di mercato, delle spese, oltre che del residuo credito in linea capitale e del prezzo di opzione d’acquisto. Il tutto in uno a una puntuale disciplina inerente ai suddetti valori di mercato” (così Cass.., 12 giugno 2018 n. 15202). …..insomma, nonostante la mancata spendita, giacchè evidentemente non ancora nota, della sentenza 8980/19, il Tribunale di Milano ha avuto modo di ben ragionare a motivo del rigetto delle domande di parte attrice. Un secondo punto decisamente meritevole di attenzione per gli operatori del settore, va individuato in merito a quanto motiva il Tribunale di Milano sulla eccezione di parte attrice, ad oggetto la data di effettiva riconsegna del bene. Spesso nelle aule di merito, leggiamo infatti della manifestata disponibilità da parte del lessee, a riconsegnare spontaneamente il bene….o di averlo già fatto in precedenza, in forma scritta, all’indirizzo del lessor. Bene, il giudice di Milano correttamente osserva che in nessuna delle comunicazioni dichiaranti la propria disponibilità alla riconsegna del bene, “vi fosse un’offerta giuridicamente rilevante, quale offerta formale (artt. 1208 e 1209 c.c.) o non formale (valida solo se reale ed effettiva, e cioè con i caratteri di serietà, tempestività e completezza ai sensi dell’articolo 1220 c.c).” Dette affermazioni sono quindi rilevanti, nella materia del leasing, in considerazione e proprio della complessità delle attività volte alla riapprensione dei beni, che in primis devono essere possibilmente condotte nel rispetto del contraddittorio fra tutte le parti contrattuali ( un esempio, valga per tutte, quello dell’utilizzatore che mette a disposizione del lessor a mezzo posta le chiavi di un immobile….( sic), cosi pensando di avere assolto agli obblighi che derivano dalla risoluzione contrattuale), ma così tentando di impedire tutta la attività ricognitiva sul bene, anche al fine di verificarne lo stato e la inesistenza di danni, che di gran lunga incidono poi sulle attività di rivendita e/o riallocazione; il valore di mercato di un bene, infatti, a rigore ed anche della novella di cui alla legge 124/17, non si ricava semplicemente per tabulas, occorrendo lo svolgimento di quelle attività di constatazione che incidono eccome, sul prezzo di rivendita e/o riallocazione.
Da ultimo, il Tribunale di Milano dichiara del tutto infondate le ulteriori domande di parte attrice, ad oggetto l’accertamento della pattuizione di interessi usurari, formulata con riferimento alla sommatoria tra gli oneri connessi con il finanziamento ed il tasso relativo agli interessi di mora. Richiamata ed ancora una volta la errata ed evidente interpretazione della nota sentenza della Cassazione, 9 gennaio 2013, n. 350, secondo cui, al fine di verificare il rispetto del tasso soglia, andrebbero cumulati il tasso di interesse corrispettivo ed il tasso di interesse moratorio, laddove tale sentenza, lungi dall’aver affermato tale principio, ha evidenziato che “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”, limitandosi quindi ad affermare che anche l’interesse di mora deve rispettare il limite del tasso soglia. Nella stessa prospettiva dovendosi interpretare le statuizioni contenute nelle più recenti sentenze (Cass. n. 23192\2017 e Cass. n. 5598/2017), ove non si è affermato che gli interessi corrispettivi e quelli moratori vanno cumulati, ma che la valutazione di usurarietà riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori. Il giudice di Milano e di più affermando, nel caso all’esame, che non sia nemmeno possibile procedere alla valutazione del carattere usurario degli interessi di mora mediante un loro raffronto con il tasso soglia, tenuto conto delle modalità con le quali quest’ultimo è attualmente determinato. La Banca d’Italia calcola infatti il Tasso Soglia sulla base del c.d. T.E.G.M., nel cui ambito, secondo le istruzioni operative per il relativo calcolo, non viene rilevato anche il tasso di mora (vista la sua natura non remunerativa), avendo esclusivo riguardo agli interessi corrispettivi (oltre alle spese, commissioni e oneri accessori all’erogazione del credito). Appare quindi irragionevole, così motiva il Tribunale di Milano ed al fine di accertare la natura usuraria degli interessi di mora, confrontare la relativa pattuizione con il Tasso Soglia, in quanto si opererebbe un raffronto tra valori non omogenei. Una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori, risulterebbe indi preclusa dalla mancanza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare. In ogni caso, anche laddove possibile valutare la natura usuraria degli interessi di mora, mediante il raffronto con il tasso soglia come attualmente determinato, dovendosi ritenere infondato l’assunto secondo cui l’usurarietà degli interessi di mora, determinerebbe, per ciò solo, la nullità anche della distinta clausola di determinazione degli interessi corrispettivi; tesi non condivisibile, in quanto nell’ipotesi di usurarietà degli interessi moratori, trattandosi di clausola autonoma avente distinta funzione rispetto a quella relativa agli interessi corrispettivi, ai sensi degli artt. 1815 comma 2 e 1419 c.c., sarebbe nulla la sola clausola di determinazione degli interessi moratori, ma sarebbero comunque dovuti gli interessi corrispettivi, se a loro volta pattuiti nel rispetto del tasso soglia. Per concludere, in estrema sintesi, va senz’altro svolta opera di ampia diffusione della sentenza 8980/19, …..il nuovo corso della novella!! Tanti i modi in cui si può vincere una causa, ma il leasing merita una attenzione particolare.
Avv. Marco Filesi
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LE MASSIME
L’indagine va condotta con riferimento all’esservi o meno un’offerta giuridicamente rilevante, quale offerta formale (artt. 1208 e 1209 c.c.) o non formale (valida solo se reale ed effettiva, e cioè con i caratteri di serietà, tempestività e completezza ai sensi dell’articolo 1220 c.c).”
Non è possibile procedere alla valutazione del carattere usurario degli interessi di mora mediante un loro raffronto con il tasso soglia, tenuto conto delle modalità con le quali quest’ultimo è attualmente determinato.
In ogni caso,nell’ipotesi di usurarietà degli interessi moratori, trattandosi di clausola autonoma avente distinta funzione rispetto a quella relativa agli interessi corrispettivi, ai sensi degli artt. 1815 comma 2 e 1419 c.c., sarebbe nulla la sola clausola di determinazione degli interessi moratori, ma sarebbero comunque dovuti gli interessi corrispettivi.
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Per i riferimenti: