ORDINANZA 25.7.2019 RG 171/2019 IN TEMA DI EQUO COMPENSO AGLI AVVOCATI. CORTE DI APPELLO DI LECCE – RELATORE DOTT. ADELE FERRARO – PRESIDENTE MAURIZIO PETRELLI –
La non equità del compenso fissato nell’accordo tra banca e avvocato ha quale ragionevole conseguenza la sussistenza dello squilibrio contrattuale che penalizza il professionista. A fronte della non equità del compenso e la vessatorietà della clausola che preveda la liquidazione dello stesso, deve dichiararsi la nullità ai sensi dell’art.13 bis della L.P. e art. 1419, co. 2, del Cod. civile.
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Con ricorso 702 bis, ex art. 28 L. 794/42, del 20.2.2019 l’avvocato ha chiesto la liquidazione di diritti, onorari e spese per aver assistito la Banca dinanzi alla Corte di Appello di Lecce, eccependo la nullità della convenzione intervenuta a seguito dello scambio epistolare tra le parti, in applicazione del disposto di cui all’art. 13 bis della L. 205 del 2017, e la liquidazione del compenso, giusta applicazione delle tariffe professionali di cui al DM Giustizia n. 55 del 2014 e successive modifiche.
Il d.l. 16 ottobre 2017 n. 148 all’art. 19 quaterdecies, ha introdotto, infatti, nell’ambito della L. 31.12.2012, n. 247, l’art. 13 bis, rubricato “EQUO COMPENSO E CLAUSOLE VESSATORIE” (a cui ha fatto seguito la L. 27.12.2017, n. 205 che, all’art. 1, comma 487, ha modificato l’art. 19-quaterdecies del decreto fiscale), allo scopo evidente di offrire una risposta reale alla crescente crisi dei liberi professionisti.
La normativa de qua si applica, quindi, quando sia stato imposto un compenso in una convenzione ovvero in uno scambio epistolare senza alcuna possibilità di trattativa per il contraente più debole.
Affinché trovi applicazione la disciplina portata dall’art. 13 bis della L. 247 e del 2012, è necessario che la convenzione sia predisposta unilateralmente dall’impresa bancaria, senza che l’avvocato abbia potuto esercitare influenza alcuna sul contenuto della convenzione, che può essere tanto un contratto standard per adesione quanto un contratto predisposto dalla Banca appositamente per una singola causa con un singolo avvocato.
L’art. 15 bis, comma 2, della L. n. 247 del 2012 stabilisce che, ai fini di tale articolo, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni, di cui al comma 1, quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, ciò che sembra riecheggiare l’art. 2233, comma 2, c.c., secondo cui la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera.
L’integrazione ex art. 13 bis, comma 10, della L. 247 del 2012 è cogente e rappresenta un rimedio alla condotta contra legem tenuta dalle banche e compagnie assicurative, atteso che la disciplina dell’equo compenso mostra di perseguire istanze di tutela riferibili in via esclusiva alla posizione del singolo prestatore d’opera intellettuale, quale contraente debole, equiparato al consumatore o al lavoratore in generale.
Orbene, secondo la Corte di Appello di Lecce il tenore letterale della norma impone una verifica non solo in ordine alla determinazione dell’entità del compenso, ma anche alla ricostruzione delle modalità di svolgimento delle trattative, all’accertamento relativo alla predisposizione unilaterale delle condizioni ovvero alla trattativa per raggiunger un accordo, fermo restando che al comma 3 è sancito che le convenzioni si presumano unilateralmente predisposte, facendosi salva la prova contraria offerta dall’istituto bancario, che non sia, però, la mera dichiarazione cui fa riferimento il comma 7. Nel caso di specie, l’accordo in ordine al compenso venne raggiunto tra le parti attraverso il mero invio di una proposta economica da parte della banca, cui fece seguito l’accettazione del professionista. Dunque, non sussiste alcun elemento dal quale poter trarre argomenti in ordine alla sussistenza di una concreta trattativa tra le parti, di tal che il contenuto dell’accordo deve ritenersi unilateralmente predisposto. Quanto all’applicabilità della disciplina, la nuova normativa non ha previsto alcunchè in ordine ai contratti in corso, mancando di regolamentare i casi di diritto intertemporale..
Deve, peraltro, vagliarsi l’applicabilità della disciplina de qua in considerazione del fatto che l’accordo venne a concludersi nell’aprile 2015 e l’art. 13 venne introdotto dall’art. 19-quaterdecies, comma 1, del DL 16.10.2017 n. 148, convertito con la L. 172 del 4.12.2017.
Sicchè, tenuto conto che il giudizio venne a concludersi con la pronuncia della sentenza n. 7/2019 del 7.1.2019 della Corte di Appello di Lecce, e quindi in epoca successiva all’entrata in vigore della predetta normativa, non v’è dubbio che siano applicabili i nuovi parametri, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, ogni volta che la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo all’entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale ( Cass. SS.UU. n. 17405 del 2012; Cass. N. 30529 del 2017 e Cass. Sez. II, ordinanza 6 dicembre 2018-7 marzo 2019, n. 6686).
Pertanto, con la pronuncia in discorso, la Corte di Appello di Lecce ha accolto totalmente il ricorso dell’avvocato, condannando la Banca al pagamento della somma di E. 15.580,00, oltre accessori e spese.
Avv. Rocco Nanna