SENTENZA N. 8881/2020, PUBBLICATA IL 13 MAGGIO 2020 – RG 25509/2018
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – PRES. GIACOMO TRAVAGLINO – RELATRICE FRANCESCA FIECCONI – SENTENZA N. 8881/2020, PUBBLICATA IL 13 MAGGIO 2020 – RG 25509/2018
IN CASO DI VENDITA ALL’ASTA DI BENE OGGETTO DI PEGNO NON SI APPLICA LA NORMATIVA PREVISTA PER LA VENDITA FORZATA E, IN PARTICOLARE, IL DISPOSTO DI CUI ALL’ART. 2922 COD. CIV., CHE NEGA ALLA PARTE ACQUIRENTE DI FAR VALERE I VIZI DELLA COSA VENDUTA
La Suprema Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza della Corte di Appello di Bari n. 760/2018, pur rigettando il ricorso ad impulso del partecipante all’asta di beni gravati da pegno contro la banca, ne ha corretto la motivazione.
Ciò in quanto, contrariamente a quanto aveva sostenuto la Corte barese, non sono applicabili nel caso di specie le norme relative alla vendita forzata, di cui agli artt. 2919 e ss. cod. civ., ove all’articolo 2922 c.c. esclude la garanzia per i vizi redibitori della cosa venduta.
Le due forme di esecuzione, id est quella privata e quella forzata , infatti, sono tenute ben distinte in quanto quella privata è disciplinata esclusivamente dal regolamento d’asta della banca, che rientra, come vedremo nella autonomia privata, con esclusione, però, dell’applicabilità delle norme sulla esecuzione forzata in quanto trattasi di disciplina speciale, ancorchè siano applicabili – ex art. 51 RD n. 1279/1939 – alla vendita privata le norme volte a punire la turbativa o l’astensione dagli incanti ex art. 353 e 354 del cod. penale, previste per tutelare l’ordinato svolgimento delle aste, anche se gestite da privati, nel caso di specie dalla banca.
Sicchè, in caso di contrasto, tra l’aggiudicatario del bene oggetto di asta e la banca oppure il privato in generale, efficacia dirimente ha solo il regolamento della vendita che consenta di visionare gli oggetti esposti prima della vendita, prevedendo il tempo oltre il quale qualsiasi reclamo postumo non sia più formulabile.
In effetti, nel caso de quo agitur il regolamento della banca, quale estrinsecazione del potere di autonomia negoziale, garantita dall’art. 1322 del Cod. civile, prevedeva espressamente che con la partecipazione all’asta il concorrente riconosceva implicitamente d’aver esaminato la cosa posta in vendita e di averla accettata tel quel.
Il regolamento della banca era chiaro al riguardo, essendo stato ivi precisato che non erano ammessi reclami postumi e la ragione è di facile intelligenza; se si ammettesse, infatti, la possibilità della contestazione si aprirebbe una voragine nel campo delle vendite all’asta di beni pignorati, con contestazioni anche di mera speculazione, contro lo spirito e la lettera della legge e dei relativi regolamenti.
La contestazione può essere, quindi, solo immediata e va fatta direttamente in banca prima che gli oggetti vengano ritirati ed acquisiti nella disponibilità del venditore, il quale potrebbe anche sostituire, ad esempio, un brillante purissimo con una pietra analoga o simile, ma impura, e magari ricorrere all’espediente di un accertamento tecnico preventivo per enfatizzare i presunti vizi.
CASS: 26.1.1993, n. 948, richiamata in atti dalla banca contro ricorrente, è da considerarsi pronuncia antesignana di quella in commento, avendo i Supremi giudici sin da allora precisato che “L’ASSUNZIONE DI DETTO RISCHIO SUPPLEMENTARE…- CON L’EFFETTO DI ESCLUDERE, NEL CASO DI VERIFICAZIONE DI TALI SOPRAVVENIENZE, LA APPLICABILITA’ DEI MECCANISMI RIEQUILIBRATORI PREVISTI NELL’ORDINARIA DISCIPLINA DEL CONTRATTO (ART. 1467 e 1664 C.C.) – PUO’ FORMARE OGGETTO DI UNA ESPRESSA PATTUIZIONE, MA PUO’ ANCHE RISULTARE PER IMPLICITO DAL REGOLAMENTO CONVENZIONALE CHE LE PARTI HANNO DATO AL RAPPORTO E DAL MODO IN CUI HANNO STRUTTURATO LE LORO OBBLIGAZIONI; L’ACCERTAMENTO IN CONCRETO DI DETTA VOLONTA’, ATTRAVERSO L’INTERPRETAZIONE DELLE CLAUSOLE CONTRATTUALI, COSTITUISCE UN’INDAGINE DI FATTO RISERVATA AL GIUDICE DEL MERITO ED INCENSURABILE IN SEDE DI LEGITTIMITA'”.
La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha anche insegnato che tale disciplina non è applicabile nel caso in cui il regolamento d’asta del privato comportasse anche l’esclusione della garanzia nell’ipotesi di vendita aliud pro alio, che è configurabile se il bene aggiudicato appartenga ad un genere del tutto diverso da quello indicato nell’ordinanza di vendita, ovvero se manchi delle particolari qualità necessarie per assolvere alla sua funzione economico sociale, oppure quando ne sia del tutto compromessa la destinazione d’uso, ivi considerato, che abbia costituito elemento dominante per l’offerta d’acquisto.
Ove fosse richiamata nel regolamento del privato la esclusione della garanzia per vendita aliud pro alio, ciò determinerebbe ipso facto la nullità del contratto per mancanza di causa.
“Tale speciale disciplina si giustifica , con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., in ragione delle peculiarita’ della vendita forzata che, partecipando alla natura pubblicistica del procedimento, realizza congiuntamente l’interesse pubblico, connesso ad ogni processo giurisdizionale “
E’ questa una scelta del legislatore, in base al principio cardine del nostro Ordinamento giuridico, secondo il quale “ l’autonomia contrattuale, visto il disposto dell’art. 1322, comma 2, cod. civ., anche nel caso di vendita di res sottoposta a pegno, non può spingersi sino ad escludere la garanzia sulla res in caso di vendita di aliud pro alio “.
Avv. Rocco Nanna