Sentenza sulla pattuizione degli interessi legali. Corte di Appello di Bari. Marzo 2017
SENTENZA N. 206/2017 PUBBLICATA L’8.3.2017 DELLA CORTE DI APPELLO DI BARI – PRESIDENTE DOTT. SALVATORE GRILLO – EMESSA NELL’AMBITO DEL PROC. CIV. N. 849/2012 AD OGGETTO: INDEBITO OGGETTIVO TRA UNICREDIT SPA ( con l’avv. Rocco Nanna) contro D. F. ( con l’avv. Salvatore Monti)
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere, con applicazione del tasso legale, sulla base dei dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi.
Con la sentenza in commento la Corte territoriale di Bari, richiamando la sua precedente sentenza n. 396/2012, confermata dalla Suprema Corte di Cassazione ( cfr. Cass. Sez. I. 13.10.2016 n. 20693) ha ricordato il suindicato obiter dictum in ordine ai rapporti bancari, nonché il principio secondo il quale “ l’ordinanza ex art. 186 quater cpc, se è fatta rinuncia alla sentenza, produce gli effetti di una sentenza definitiva sull’intero oggetto del giudizio, con la conseguenza che le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa pronuncia ed il giudice di secondo grado, se richiesto, deve provvedere anche sui capi della domanda in relazione ai quali è mancata una decisione di merito mediante il provvedimento anticipatorio”.
La Corte barese ha pienamente condiviso, altresì, l’orientamento dei Supremi Giudici della nomofilachia , in subiecta materia, secondo cui è stato ritenuto non provato l’intero andamento del rapporto ultraventennale, avendone il correntista, gravato del corrispondente onere probatorio per aver agito ex art. 2033 c.c., prodotto tardivamente solo alcuni estratti conto in aggiunta a quelli relativi all’ultimo decennio depositati dalla banca, non risultando nemmeno incontroverso il saldo ad una determinata data.
La Corte territoriale ha ricordato che l’esistenza del giudicato, interno o esterno, è rilevabile d’ufficio ove emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio, rispondendo al principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 11 Cost., né è necessario segnalare alle parti la presenza del giudicato, per consentir loro di prestare le rispettive difese, sia perché esse, negli atti difensivi conclusivi, ne hanno discusso, sia soprattutto perché ambo le parti erano a conoscenza della pronuncia del Supremo Collegio, resa tra le stesse parti ( cfr. Cass. Sez. I, 27.7.2016 n. 15627; Sez. 6 6.6.2011 n. 12159).
La stessa Corte barese, peraltro, – con la pregevolissima sentenza n. 396/2012 – relatore il chiar.mo dott. Dibisceglia – aveva già stabilito che “L’ATTORE NON HA ASSOLTO TALE ONERE (ID EST ONERE DELLA PROVA EX ART. 2697 DEL C.C. NDR) IN QUANTO, PER PROVARE IL DIRITTO AZIONATO, HA CHIESTO DI ORDINARE ALLA BANCA L’ESIBIZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO RELATIVI AL RAPPORTO PER CUI E’ CAUSA E DI DISPORRE C.T.U. LA BANCA, QUANDO E’ STATO ORDINATO DAL TRIBUNALE L’ESIBIZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO, HA PRODOTTO QUELLI RELATIVI AGLI ULTIMI DIECI ANNI PRECEDENTI L’ORDINE DI ESIBIZIONE. LA MANCATA PRODUZIONE DEGLI ESTRATTI CONTO ULTRADECENNALI DA PARTE DELLA BANCA E’ GIUSTIFICATA IN QUANTO LA LEGISLAZIONE VIGENTE NON DISPONE DI CONSERVARE LA DOCUMENTAZIONE OLTRE I DIECI ANNI. PER GLI ANNI PRECEDENTI L’ATTORE NON HA PRODOTTO TUTTI GLI ESTRATTI CONTO: ED ANCHE GLI ESTRATTI CONTO PRODOTTI, COME ECCEPITO DALL’APPELLANTE, SONO STATI PRODOTTI TARDIVAMENTE (E CHISSA’ FORSE ANCHE IN CASSAZIONE NDR?), ESSENDO STATI CONSEGNATI AL C.T.U. DAL C.T.P. DELL’ATTORE DURANTE LO SVOLGIMENTO DELLE OPERAZIONI PERITALI. COM’E’ PRINCIPIO PACIFICO, NON E’ POSSIBILE ATTRAVERSO LA C.T.U. PRODURRE DOCUMENTAZIONE OLTRE I TERMINI PERENTORI PREVISTI DAL CODICE“.
Non condivisibile potrebbe ritenersi, però, il rigetto della domanda di condanna ex art. 96 del cpc, formulata dalla Banca per carenza di motivazione, avendo la Suprema Corte di Cassazione insegnato ( cfr. ordinanza 20995/2011 ) che subire iniziative giudiziarie temerarie comporta non solo danni di natura patrimoniale, ma anche pregiudizi ulteriori che devono essere liquidati in via equitativa.
Il danno allora, pur mancando la piena prova circa la sua esistenza ed il suo ammontare, può agevolmente essere considerato come conseguenza normale della violazione del diritto e quantificato in via equitativa sulla base dei medesimi criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo per un processo irragionevolmente lungo.
La norma di cui all’art. 96, comma 3, del Cpc ha introdotto, infatti, un meccanismo che deve ritenersi non solo e non tanto risarcitorio, quanto anche e soprattutto sanzionatorio, in virtù della finalità di scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia.
Tale meccanismo è, pertanto, sottratto alla rigorosa prova del danno, in quanto unicamente condizionato all’accertamento di una condotta di grave negligenza, o addirittura malafede processuale, della controparte.
Secondo Trib. Milano, sez. IV, 20.3.2014 n. 3900, conclusivamente, “ lo scopo della norma è la repressione del danno che viene arrecato direttamente alla controparte, ma indirettamente all’erario, con la congestione degli uffici giudiziari e l’incremento del rischio del superamento del canone costituzione della ragionevole durata del processo, con ricadute anche di tipo risarcitorio, stante il pericolo di condanna dello Stato alla corresponsione dell’indennizzo ex lege n. 89 del 2001”.
Avv. Rocco Nanna
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